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AULA

Capolavoro dello stile liberty, l’Aula di Montecitorio, progettata e realizzata dall’architetto palermitano Ernesto Basile, è il luogo in cui si riunisce l’Assemblea della Camera: qui i deputati discutono, modificano e approvano i progetti di legge, esprimono il voto dal proprio scranno ed esercitano le funzioni di indirizzo e controllo. Qui si riunisce il Parlamento in seduta comune e qui pronuncia il giuramento il Presidente della Repubblica all’indomani della sua elezione. Colpisce e impressiona il visitatore che entra nell’Aula la solennità del luogo, l'armonia fra l'anfiteatro dei banchi, che degradano verso quello della Presidenza, le arcate imponenti delle tribune lungo tutto il perimetro del...

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Approfondimenti

Dallo scranno più alto di Montecitorio il Presidente della Camera dirige i lavori dell’Assemblea e ne assicura il buon andamento, facendo osservare il Regolamento. I deputati Segretari, secondo turni prestabiliti, si alternano al banco della Presidenza per collaborare con il Presidente assicurando la regolarità delle operazioni di voto e sovrintendendo alla redazione del processo verbale di cui danno lettura all’inizio della seduta successiva a quella a cui il processo verbale si riferisce. I quattro Vicepresidenti della Camera sostituiscono il Presidente nella conduzione dei lavori dell’Assemblea in caso di assenza o impedimento. Alla sinistra del Presidente siede il Segretario generale della Camera dei deputati che assicura l’assistenza procedurale durante le sedute.
Le due file di banchi collocate sotto il banco della Presidenza sono riservate ai membri del Governo. Nella prima fila, al centro, siede il Presidente del Consiglio e poi i Ministri; nella seconda fila di norma siedono i Sottosegretari.
Per antica tradizione, che risale all'epoca della Rivoluzione francese, i Gruppi parlamentari occupano il settore a sinistra, al centro o a destra della Presidenza in modo da rappresentare nell’Aula parlamentare la molteplicità degli orientamenti politici presenti nel Paese, così come emersi dalle elezioni politiche. All’inizio della legislatura a ciascun Gruppo parlamentare viene assegnato un settore dell’Aula sulla base del numero di seggi riportati nelle elezioni. Ciascun deputato, su disposizione del Gruppo di appartenenza, ha un proprio posto nell’emiciclo dal quale di norma svolge gli interventi, attraverso un microfono adattato al suo timbro vocale, e vota, attraverso un terminale che ne riconosce la tessera personale. Le votazioni in Assemblea sono di norma palesi (il voto è segreto solo in alcuni casi previsti dal Regolamento) e si svolgono con un sistema elettronico che registra immediatamente i nomi dei votanti e i risultati della votazione. Le votazioni sono indette dal Presidente che ne proclama l’esito. Su ogni banco si trovano tre pulsanti: verde per il voto favorevole, rosso per il voto contrario e bianco per l’astensione. L’elenco dei votanti e il voto espresso da ciascun deputato sono pubblicati nel resoconto stenografico della seduta in cui si è svolta la votazione. Il calendario dei lavori stabilisce in quali sedute si svolgono le votazioni e in quali le discussioni senza voti.
Quando la Camera procede a elezioni, come ad esempio quando elegge il Presidente della Camera o i membri dell’Ufficio di Presidenza, queste si svolgono a scrutinio segreto, di regola per schede: un deputato Segretario di Presidenza procede alla c.d. “chiama”, cioè fa l’appello dei deputati che, uno alla volta, ricevono la scheda ed entrano in una delle apposite cabine poste sotto il banco della Presidenza, esprimono il proprio voto e depongono la scheda votata nell’urna collocata all’uscita della cabina. Lo stesso sistema di votazione si applica per le elezioni di competenza del Parlamento in seduta comune.
Nel centro dell’emiciclo difronte al Banco della Presidenza si trova il banco del Comitato dei nove, che comprende i relatori e i rappresentanti dei gruppi della Commissione che ha svolto l'esame in sede referente del progetto di legge all’ordine del giorno. Il Comitato dei nove svolge il primo esame degli emendamenti e dei sub-emendamenti presentati nel corso dell’esame del provvedimento in Assemblea.
Immediatamente sopra i dieci settori in cui siedono i deputati si trovano le tribune, collocate lungo tutto il perimetro dell’Aula. In particolare, sopra il banco della Presidenza si trovano le tre tribune d'onore. Al centro, la tribuna del Presidente della Repubblica, in passato riservata alla Regina e al suo seguito; alla destra, la tribuna del corpo diplomatico; alla sinistra, la tribuna riservata agli ex-parlamentari. Lungo la parte curva dell’esedra, si trovano le tribune riservate al pubblico, alla Stampa e agli ospiti dei deputati. Le tribune riservate alla stampa si distinguono dalle altre per la presenza di tavoli a ribalta, su cui, in passato, i giornalisti si poggiavano per annotare i passaggi salienti delle sedute. Attualmente, tali spazi sono occupati principalmente dai fotografi e dai cameraman, mentre i giornalisti seguono di solito il dibattito in streaming nella Sala per la Stampa di Palazzo Montecitorio.
Al tavolo quadrato posto al centro dell’emiciclo siede il personale della Camera responsabile della redazione del resoconto stenografico dei lavori dell’Assemblea.

Nell'Aula di Montecitorio si riunisce anche il Parlamento in seduta comune nei casi in cui la Costituzione prevede che le Camere esercitino congiuntamente alcune specifiche funzioni. Il Presidente della Camera lo presiede secondo le norme recate dal Regolamento della Camera. I casi in cui la Costituzione prevede che si riunisce il Parlamento in seduta comune sono:
•    l'elezione del Presidente della Repubblica, alla quale partecipano anche i delegati regionali, (art. 83); 
•    la messa in stato d'accusa dello stesso Presidente per i reati di alto tradimento o di attentato alla Costituzione (art. 90); 
•    il giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione da parte del Capo dello Stato, prima che questi possa assumere le sue funzioni (art. 91);
•    l'elezione di un terzo dei giudici costituzionali (art. 135), nonché di un terzo dei componenti del Consiglio Superiore della Magistratura (art. 104).

A seguito della presa di Roma, nel 1870, si pose la questione del trasferimento del Parlamento da Firenze alla nuova capitale. La Commissione per la proposta degli edifizi per l'Amministrazione centrale di Roma, istituita da Quintino Sella, onde affrettare i tempi del trasferimento della capitale a Roma, scelse Palazzo Montecitorio come sede della Camera dei deputati. Il 23 dicembre 1870 la Camera decideva la data dello spostamento a Roma: entro sei mesi a partire dal gennaio seguente. L’ingegnere Paolo Comotto fu incaricato di costruire un’Aula provvisoria dentro il Palazzo di Montecitorio che ospitasse i lavori parlamentari. Poiché le circostanze imponevano una rapida soluzione al problema logistico della sistemazione degli organi parlamentari, Comotto optò per la costruzione di un’Aula nel cortile già esistente all’interno del Palazzo. I disegni vennero approvati nel febbraio 1871, ma a causa dei molti appalti da stipulare, della manodopera non specializzata, dei difetti e ritardi di consegna, l'opera fu completata solo nel novembre del 1871 e l’Aula fu inaugurata il 27 novembre dello stesso anno.
La velocità di esecuzione dei lavori andò però a scapito dell’efficacia, la struttura dell'Aula era in legno trattato con un sistema antincendio, coperta con lastre di zinco, illuminata da un gran lucernario al centro, senza caloriferi e senza ventilatori. L’acustica si rivelò pessima, tanto che i giornalisti dell’epoca, assiepati sulle tribune, facevano estrema fatica a seguire i lavori parlamentari, inoltre d’inverno l’Aula era particolarmente fredda, mentre in estate la calura risultava insopportabile. Proprio alle difficili condizioni climatiche si deve il noto episodio, verificatosi nel corso della seduta del 6 luglio 1983, del dono di un ventaglio al Presidente della Camera, Zanardelli, da parte della stampa parlamentare, cerimonia che, come è noto, continua a rinnovarsi ogni anno.
Con il passare del tempo l’Aula “Comotto” cominciò a presentare anche problemi di sicurezza, rivelandosi pericolosamente soggetta a rischio di crolli e incendi, finché, il 22 novembre 1899, fu dichiarata impraticabile e definitivamente chiusa. Il cammino per la costruzione di una nuova Aula si rivelò però notevolmente accidentato. Questo slittamento di tempi si tradusse per i deputati in “traslochi” provvisori e inadeguati: i lavori parlamentari si svolsero, provvisoriamente, dapprima nell’odierna sala della Lupa, ma in considerazione delle ridotte dimensioni della sala in rapporto al numero complessivo dei deputati, si impose da subito la ricerca di una sistemazione più consona. Il 15 maggio 1900, quindi, venne inaugurata un’Aula, ancora provvisoria, costruita sulla piazzetta della Missione, che restò in funzione fino al novembre del 1918, quando fu inaugurata la Nuova Aula di Montecitorio, progettata da Ernesto Basile.

Il 20 novembre 1918 l’Assemblea della Camera dei deputati si riunisce per la prima volta nella Nuova Aula progettata e realizzata dall’architetto palermitano Ernesto Basile. Il Paese si lasciava alle spalle solo da due settimane la tragica esperienza della prima guerra mondiale: l’Assemblea in una seduta estremamente partecipata e solenne celebra innanzitutto la “Vittoria”, dalle tribune affollate assistono alla seduta una rappresentanza di ciechi e mutilati di guerra ed una delegazione proveniente dalle “terre redente”. Il Presidente della Camera, Giuseppe Marcora, apre il suo discorso dicendo “L’Italia è compiuta”.
In questa cornice storica si concludeva un lungo percorso politico e progettuale, di cui il resoconto della seduta dà conto in maniera asciutta ed essenziale, riportando semplicemente che “la seduta ha luogo nella nuova Aula”. Si trattava di un percorso iniziato molti anni prima, al momento del trasferimento della capitale a Roma, quando i disagi legati all’Aula allestita per accogliere i deputati a Palazzo Montecitorio, emersero immediatamente con una certa evidenza. Un’Aula troppo fredda d’inverno, al punto da autorizzare i deputati a tenere il cappello in testa nel corso delle sedute, e troppo calda d’estate, al punto da indurre i giornalisti parlamentari a regalare un ventaglio al Presidente della Camera pro tempore, avviando una tradizione ancora in essere.
L’affidamento, nel 1902, dell’incarico di realizzare una nuova Aula da parte del Ministero dei Lavori pubblici all’architetto Ernesto Basile pose fine al dilemma tra l’adeguamento dell’edificio berniniano e la costruzione di un nuovo palazzo. Basile offriva infatti una soluzione brillante quanto originale, che saldava alla struttura originaria una nuova struttura, con un ingresso monumentale autonomo e con incastonata al centro la nuova Aula di riunione dell’Assemblea.

Nella realizzazione del progetto Basile diede prova pienamente delle proprie qualità di “architetto integrale”, spaziando dalla progettazione delle opere strutturali fino ai più minuti dettagli degli arredi, dei motivi ornamentali di soffitti e pavimenti, dei corpi illuminanti e delle tappezzerie. 
L’Aula capolavoro dello stile liberty è evidentemente il fulcro del progetto. L’emiciclo si sviluppa in altezza per 26,21 metri, dalla cavea passando al livello delle tribune fino al velario che fungeva in origine da lucernario. La superficie è di circa 780 metri quadrati, 1090 se si considerano anche le tribune.
Basile concepisce l’Aula come rielaborazione del tipo a pianta semicircolare - con la cavea a settori per gli scranni dei deputati – e con un comparto di forma rettangolare dove è alloggiato il banco della Presidenza, sopra il quale si trova il grande pannello scultoreo in bronzo di Davide Calandra dedicato alla celebrazione dell’Unità d’Italia e alle glorie della regnante Casa Savoia, mentre al di sopra delle tribune si snoda ininterrotto il racconto storico-allegorico della nuova Italia dipinto da Giulio Aristide Sartorio. Il velario, composto di vetrate policrome, fu eseguito dal laboratorio di vetrerie di Giovanni Beltrami di Milano e fu messo in opera nel 1911. Il rivestimento delle pareti prevalentemente in rovere di Slavonia è stato realizzato dalla ditta Ducrot, che si avvalse di Gaetano Geraci per la modellazione in gesso di particolari decorativi ad intaglio riprodotti al vero dai dettagliati elaborati grafici del Basile.

La Camera dei deputati in occasione dei cento anni dall’inaugurazione della nuova Aula ha allestito una mostra, visitabile attualmente in modalità virtuale, che offre una testimonianza molto analitica del lavoro svolto da Basile a Montecitorio. I disegni e gli studi preparatori del progetto sono conservati presso l’Archivio storico della Camera, che ne ha curato la digitalizzazione per consentirne la fruizione on line ai cittadini e per garantirne, al contempo, la loro migliore conservazione.

Ernesto Basile volle affidare l’incarico di dipingere un fregio per l’Aula a Giulio Aristide Sartorio, artista con il quale aveva frequenti contatti e con cui già in passato aveva collaborato. Sartorio realizzò, tra il 1908 e il 1912, un fregio pittorico di 105 metri complessivi, suddiviso in una parte semicircolare e una rettilinea, che corre sopra le tribune lungo l’intero perimetro dell’Aula. 
“Per arte decorativa, io non intendo solamente il raggruppamento di figure armoniosamente composte: ma anche una riunione di simboli che abbiano una grandiosa significazione epica. Il Fregio del Parlamento non è soltanto una pittura; deve essere anche un poema” queste parole di Giulio Aristide Sartorio sintetizzano efficacemente l’idea che l’artista trasfonde nell’opera. 
Nella parte circolare, l’Italia trionfante domina il centro della scena. La sua quadriga è retta dai dioscuri, uno biondo e uno scuro, che rappresentano il nord e il sud Italia. Ai suoi lati troviamo figure maschili e femminili che le offrono le virtù spirituali del Rinascimento. Alla sua destra troviamo la raffigurazione dell’arte, e a seguire la celebrazione dell’Umanesimo e dell’idioma unificato, con gli stendardi dei luoghi italici che più contribuirono all’unificazione e alla diffusione della lingua italiana. Alla sinistra della quadriga Sartorio pone le scoperte, la classicità e il senso cavalleresco. Ai lati delle doti spirituali troviamo l’anello delle cento città italiane, personificate da uomini e donne che si tengono per mano e circondano le virtù popolari.
Nella parte rettilinea Sartorio raffigura alcuni passaggi della storia d’Italia sottolineando, quasi una sorta di monito per i deputati, il valore e il sacrificio degli italiani nel duro percorso di unificazione e nella difesa della patria dalle invasioni straniere. L’effetto d’insieme ci restituisce l’immagine dell’Italia trionfante, al centro della parte semicircolare, che contempla, per dirla con le parole dello stesso Sartorio, “lo spettacolo denso della sua storia”.
Per l’occasione, Sartorio approntò una tecnica che egli stesso definì “encausto a freddo”, consistente nel coprire i colori a olio dapprima con acqua ragia e poi con una miscela di cera, trementina e olio di papavero. Questa particolare tecnica gli consentì di conferire alle figure una maggiore tridimensionalità.
Nel 2007 l’intero fregio è stato sottoposto ad un intervento di restauro. Prima di riposizionare i 50 pannelli nella loro sede, è stata allestita una mostra che ha consentito ai visitatori di ammirare da vicino la monumentale opera di Giulio Aristide Sartorio.

Il pannello bronzeo “Unità d’Italia”, collocato alle spalle del banco di Presidenza, è stato realizzato da Davide Calandra, scultore piemontese che aveva avuto un ruolo di primo piano nella Esposizione universale di arte decorativa moderna tenuta a Torino nel 1902 e che condivideva con Basile e Sartorio un’idea di modernità rispettosa delle regole di ordine e misura classiche, sulla base della quale si intendeva conferire all’Aula l’immagine di un’Italia giovane, democratica e liberale costruita sul passato e proiettata verso il futuro. L’opera che doveva rappresentare la glorificazione della monarchia sabauda vide la luce nella sua veste definitiva nel 1913, dopo una lunga gestazione dovuta alle ripetute modifiche apportate per venire incontro alle esigenze della committenza. 
Il pannello va innanzitutto letto e osservato in relazione al Fregio soprastante in cui la scena è molto più affollata e movimentata, Calandra sceglie di tenere insieme due piani: l’allegoria e la verità storica e tramite la giustapposizione di figure in altorilievo e figure in bassorilievo realizza una composizione corale strutturata su tre gruppi tematici.
Al centro campeggia una figura di donna che rappresenta la monarchia costituzionale sabauda nell’atto di srotolare il testo della Costituzione. La donna è affiancata da due figure maschili poste di profilo che simboleggiano la forza delle armi e la diplomazia, ovvero gli strumenti attraverso i quali la dinastia sabauda ha reso possibile la nascita del Regno d’Italia. Il trittico è sovrastato da due alte querce che rappresentano l’ordine e la libertà garantite dalla monarchia costituzionale.
Alla destra di chi guarda, in primo piano, sono rappresentati i primi esponenti del casato dei Savoia, a cominciare da Umberto Biancamano, considerato capostipite della dinastia. Tra gli altri si possono riconoscere Emanuele Filiberto, che nel XVI secolo trasferì la capitale dell’allora Ducato di Savoia a Torino, e Vittorio Amedeo II, primo sovrano della dinastia a potersi fregiare del titolo di re. In bassorilievo, a sfumare verso lo sfondo, si può scorgere l’esercito piemontese da essi guidato.
Sul lato sinistro Calandra raffigura membri della dinastia di epoca più recente: Carlo Alberto, che promulgò lo Statuto albertino, Vittorio Emanuele II, primo Re d’Italia, Umberto I, suo successore, e Vittorio Emanuele III, sovrano in carica al momento dell’inaugurazione del pannello, raffigurato a capo scoperto nell’atto di rendere omaggio alla Carta costituzionale.
La forte influenza dello stile liberty, dominante in quell’epoca e preponderante in tutti gli elementi architettonici, strutturali e decorativi dell’Aula della Camera si può rintracciare in particolare negli elementi arborei che dominano il centro della scena, nelle linee curve che movimentano l’intera composizione, nell’alternarsi dei primi piani in altorilievo e degli sfondi abbozzati prospetticamente in bassorilievo.

Dopo aver valutato diverse ipotesi, Ernesto Basile optò per la realizzazione di una copertura in vetro per l’emiciclo di Montecitorio. Tale copertura a velario fu commissionata alla ditta Beltrami, una delle più affermate dell’epoca, e fu realizzata in collaborazione con gli stabilimenti Ducrot, che si occuparono delle finiture in legno. Nel 1911 fu ultimata una copertura di 800 mq in vetro cotto, sorretta da una griglia metallica e circondata da una fascia perimetrale in rovere di Slavonia intarsiato e scolpito da cui si dipartono otto raggi che intersecano due semicerchi, anch’essi lignei.
Basile scelse questa soluzione per garantire la maggior illuminazione possibile ad un ambiente particolarmente ampio ed elevato (quasi trenta metri tra pavimento e velario). Per questo motivo decise anche di ridurre la travatura lignea, che nel progetto iniziale doveva essere più consistente. Nonostante gli accorgimenti, la necessità di aumentare l’illuminazione dell’Aula portò nel secondo dopoguerra ad effettuare diversi interventi, nel corso dei quali furono aggiunti corpi illuminanti dietro le vetrate e fu rinforzata la sicurezza statica della copertura con l’inserimento di una copertura vitrea esterna capace di resistere a carichi elevati.
Sia le vetrate che la struttura lignea furono decorate da Beltrami e Ducrot con stilemi ed elementi propri dell’art nouveau, come ad esempio nastri, festoni ed encarpi (festoni composti di fronde, frutti e fiori) riconoscibili nelle vetrate e i motivi floreali nella cornice lignea.

Risorse:

  • 1 Album

Sul banco del Presidente, accanto alla cartella di seduta e a dispositivi tecnologici che danno supporto ai lavori dell’Assemblea, spiccano la campanella con cui il Presidente richiama l'attenzione dei deputati e un prezioso calamaio d'argento. 
Sui pannelli lignei posti ai lati dell’altorilievo bronzeo alcune incisioni ricordano momenti salienti del processo di unificazione nazionale e della transizione costituzionale. In particolare, partendo da sinistra le incisioni ricordano i plebisciti relativi alle prime annessioni: quello della Lombardia (8 giugno 1848) e quello della Toscana e dell’Emilia (11 e 12 marzo 1860). Tra i pannelli di sinistra la data del 4 marzo 1848 ricorda la concessione dello Statuto Albertino da parte di Carlo Alberto ai sudditi del Regno di Sardegna. A seguire sono riportati i risultati del plebiscito delle province napoletane e della Sicilia (21 ottobre 1860). A destra dell’altorilievo le incisioni ricordano i plebisciti delle Marche e dell’Umbria (4 e 5 novembre 1860), poi quelli del 21 e 22 ottobre 1866 di Venezia e Mantova e, infine, quello di Roma dell’11 ottobre 1870. Tra i pannelli di destra la data a numeri romani – 27 novembre 1871 - ricorda il giorno della prima seduta tenutasi a Palazzo Montecitorio, nella nuova capitale. 
Sugli ultimi due pannelli di destra, sono riportati i risultati del referendum istituzionale del 2 giugno 1946 e quelli della votazione finale in Assemblea costituente per l’approvazione della Costituzione repubblicana - 22 dicembre 1947 -  che si concluse con 453 voti favorevoli e 62 contrari. 
Infine, un pannello più piccolo rievoca la storica visita – la prima di un Pontefice a Montecitorio – e il discorso svolto il 14 novembre 2002 da Giovanni Paolo II di fronte alle Camere riunite all’interno dell’emiciclo della Camera dei deputati. 
Dissimulati con discrezione fra i banchi e gli elementi decorativi, strumenti tecnologicamente molto avanzati convivono con gli antichi, come i due orologi in stile liberty inseriti da Basile ai due lati dell'Aula e tuttora funzionanti. Per tradizione il datario posto sotto i due orologi viene aggiornato soltanto all'inizio della nuova seduta. Nel caso di un prolungamento della stessa oltre la mezzanotte, due assistenti parlamentari, simultaneamente sui due lati dell’Aula, provvedono a cambiare le lastre scorrevoli dell’antico calendario per aggiornare la data.